Con “Stammi Vicino” (Overdub Recordings), gli aabu compiono un passo deciso e coraggioso: abbandonano i tratti più chitarristici e minimali del passato per abbracciare un linguaggio elettronico che non è mai sterile esercizio di stile, ma strumento narrativo al servizio delle emozioni. È un disco che vibra di stratificazioni, che alterna synth e strumenti acustici, che osa destrutturare la forma-canzone senza mai perderne il cuore.
Già dall’apertura con “Stammi Vicino” si percepisce questa trasformazione sonora e identitaria. Le pulsazioni sintetiche diventano il battito emotivo del brano, un cuore che chiede di non restare solo. La voce emerge sopra un tessuto elettronico che non è freddo, ma avvolgente e umano: la tecnologia si fa linguaggio emotivo.
Con “In una tempesta” gli aabu lavorano sul contrasto. I beat spezzati e i suoni filtrati creano un senso di instabilità, perfetto per raccontare la precarietà di una relazione tossica. Qui l’elettronica diventa elemento drammaturgico, capace di rendere fisica la sensazione di un mare agitato in cui è impossibile trovare equilibrio.
“Fratello dove sei” cambia tono e mostra la versatilità del gruppo. L’arrangiamento è ridotto all’osso, quasi minimalista, lasciando spazio alla voce e al testo. La scelta di non riempire la canzone con troppi strati sonori è significativa: il brano vuole essere una carezza, un ringraziamento sincero, e la musica si mette al servizio dell’emozione.
“La mia casa” è un esempio di come gli aabu riescano a mescolare luce e ombra attraverso arrangiamenti sapienti. Le chitarre acustiche dialogano con i synth, creando un ambiente sonoro complesso che rispecchia la natura ambivalente del testo: la musica come rifugio e specchio delle proprie fragilità. È uno dei momenti più intensi e riusciti dell’album.
Con “Disgelo” la band porta all’estremo il lato più glaciale e tagliente della scrittura. Le sonorità elettroniche si fanno fredde e spigolose, sottolineando la fine di un amore. Non ci sono concessioni melodiche rassicuranti: la produzione sceglie la durezza per rendere tangibile la distanza emotiva.
“Silenzio” gioca invece con i vuoti e le sospensioni. Gli arrangiamenti sono costruiti su pause e respiri, che diventano protagonisti tanto quanto i suoni. È una canzone che vive di tensione trattenuta, una delle più raffinate del disco per equilibrio tra scrittura e produzione.
“Essere niente” rappresenta il lato più crudo e oscuro: il tentativo di tradurre in musica la depressione come assenza di sensazioni. Qui l’elettronica si fa cupa e opprimente, restituendo la pesantezza del vuoto. Eppure, nel ritornello, un’apertura melodica lascia intravedere la possibilità di salvezza.
Con “Cristallo” tornano delicatezza e fragilità. Le sonorità sono leggere e trasparenti, quasi evanescenti, ma sotto la superficie si percepisce una tensione costante, come se il brano fosse sul punto di spezzarsi. È la metafora perfetta della condizione descritta dal testo: proteggersi significa anche rischiare di isolarsi.
Il disco si chiude con “Ho paura di me”, il vero manifesto sonoro del nuovo corso degli aabu. Le stratificazioni elettroniche si fanno più audaci, i suoni scuri e disturbanti, fino a esplodere in un climax catartico. È un brano che non cerca armonia ma verità, mettendo a nudo le paure più profonde e trasformandole in materia sonora.
Con “Stammi Vicino”, gli aabu dimostrano di avere il coraggio di reinventarsi. L’elettronica diventa il loro nuovo linguaggio, ma non perde mai l’anima emotiva che da sempre li caratterizza. È un disco che osa, emoziona e spiazza, chiedendo all’ascoltatore di osare con loro, lasciandosi guidare in un viaggio senza difese.

