“Unsapiens” non è un titolo, è una diagnosi. È la tesi impietosa che Leo Pesci espone nel suo nuovo album, pubblicato il 24 ottobre 2025 per Irma Records. In un’epoca ossessionata dall’auto-definizione di “Sapiens”, l’artista napoletano rovescia il tavolo e ci costringe a guardare le nostre involuzioni. Il risultato è un concept album denso, politicamente consapevole e musicalmente raffinato, che attacca le ipocrisie della società moderna, l’alienazione capitalista e la discriminazione culturale.
Il concept è perfettamente riassunto dalla copertina: una foto d’infanzia dell’artista, simbolo di innocenza, viene “vandalizzata” da tatuaggi e piercing disegnati, metafora di come la società dell’apparenza corrompa l’autenticità. Originario dei Quartieri Spagnoli ma produttore con base a Londra, Pesci incarna musicalmente questa dualità. “Unsapiens” fonde magistralmente le ritmiche sincopate e le armonie del nu-jazz e del neo-soul britannico con la rabbia e la melodia viscerale della tradizione partenopea.
La scelta più radicale è quella linguistica: l’intero album è in napoletano. Non si tratta di un vezzo stilistico, ma di un atto politico, una “chiara dichiarazione di appartenenza” a una cultura millenaria. Nello skit “SENESE’S CODE”, questa scelta viene difesa con orgoglio contro la sufficienza di un giornalista: “E a cussì voglio cantà!”.
Musicalmente, l’album attacca su più fronti. Si apre con l’ironia funk di “6 VESTUTO A 8”, un brano che, con il contributo soul di Greg Rega, sbeffeggia la società dell’immagine: un “sei vestito da otto”, che ostenta uno status che non ha. Si passa poi alle atmosfere più cupe e riflessive di “VA A FÁ Ó CAFÉ”, manifesto dell’alienazione moderna e della “pigrizia intellettuale”. È il ritratto di una generazione disillusa, ipnotizzata dai social e costretta ad accantonare i sogni per la routine.
Questa critica diventa personale e struggente in “L’ARTISTA IMPIEGATO”. Su un beat Lo-Fi, Pesci descrive la precarietà di chi fa arte oggi, raccontando la fatica di chi deve dividersi tra più lavori per inseguire la propria vocazione.
Ma il cuore pulsante del disco è la rivendicazione culturale. “TERRA SANTA” è un inno hip-hop che rifiuta gli stereotipi del Sud (“nun è sul ‘a pizza e d’o sole”) per onorare la sua storia rivoluzionaria e i suoi martiri civili, come Giancarlo Siani. È la title track, “UNSAPIENS”, a chiudere il cerchio filosofico. Attraverso campioni della voce dello scienziato Telmo Pievani, il brano sposta la critica dall’individuo alla specie, mettendo in discussione la nostra responsabilità antropologica sul pianeta.
“Unsapiens” è un lavoro che esige attenzione. È la prova che si può usare un linguaggio sonoro internazionale per raccontare una verità locale che diventa, tragicamente, universale. Un album necessario.

