C’è sempre stata una componente filosofica nel progetto dei Dissidio. Fin dal loro esordio con “Thisorientamento”, la band non si è mai accontentata di proporre semplici canzoni, ma ha cercato di costruire spazi di riflessione attraverso il suono, il rumore, l’ironia e il paradosso. Con il nuovo EP “Magari ci sarà un futuro migliore”, questa inclinazione si rafforza e prende forma in una maniera più netta, quasi programmatica. Non è un caso che il titolo si presenti come un’affermazione sospesa: non promessa, non illusione, ma desiderio e possibilità. È una frase che contiene in sé un pensiero politico, sociale e intimo allo stesso tempo.
La filosofia che regge il disco è chiara: il futuro non è un evento da attendere, ma una costruzione che parte dal presente. In questo senso, le quattro tracce diventano veri e propri esperimenti concettuali.
“Un cuore fermo”, brano d’apertura, mette subito in scena il paradosso: l’immobilità che racchiude un movimento segreto. La scelta dei timbri, volutamente trattenuti, costruisce un paesaggio sonoro che sembra statico ma che in realtà pulsa sotto la superficie. È il suono dell’attesa che non si arrende, il simbolo di una tensione che si accumula e che, inevitabilmente, porterà a un cambiamento. Le parole e la melodia seguono la stessa logica: equilibrio instabile, equilibrio che non può durare, e che proprio in questo disequilibrio trova la sua forza.
Il secondo brano, “L’odio”, porta il discorso a un livello superiore. Qui non siamo più di fronte a un’attesa, ma a un’esplosione controllata. Il titolo suggerisce un sentimento distruttivo, ma la band lo trasforma in energia creativa. Il suono diventa più abrasivo, le linee ritmiche si frantumano in strutture non convenzionali, mentre l’arrangiamento si apre a influenze nuove, quasi a voler dimostrare che ogni emozione, persino la più negativa, può essere trasformata in carburante per immaginare un altro orizzonte. La filosofia che emerge è chiara: nulla va rimosso, tutto va attraversato e tradotto.
Con “Felice e contento” i Dissidio giocano con l’ironia. Il titolo sembra contraddire la tensione degli altri brani, ma in realtà si rivela un inganno. Le atmosfere ricordano il passato surreale di “Thisorientamento”, ma vengono trasfigurate da nuove contaminazioni. Jazz, improvvisazione, teatralità: elementi che sembrano provenire da mondi lontani e che invece qui trovano una loro coerenza. È il brano più vicino al concetto di “dissonanza cognitiva”: promettere leggerezza e consegnare inquietudine. Proprio per questo si rivela una delle tracce più affascinanti dell’EP.
Il percorso si chiude con “Magari ci sarà un futuro migliore”, l’episodio interamente strumentale. Qui i Dissidio compiono una scelta radicale: eliminare le parole per affidare tutto alla musica. È come se la filosofia del disco raggiungesse il suo compimento: il futuro non può essere descritto, ma solo evocato, immaginato, sognato. Le note si susseguono come paesaggi in continuo mutamento, suggerendo che la speranza non è un concetto astratto, ma un’esperienza sensoriale che la musica rende tangibile.
In definitiva, “Magari ci sarà un futuro migliore” non è soltanto un EP di quattro brani: è un piccolo trattato di filosofia in musica. I Dissidio si confermano band capace di pensare oltre il formato canzone, trasformando il rumore in linguaggio e il linguaggio in riflessione. Un lavoro breve, ma densissimo, che dimostra come la musica possa ancora essere strumento di pensiero critico e di immaginazione collettiva.
