Conosciuto come bassista e produttore dei leggendari Cor Veleno, Gabbo ha sempre avuto un ruolo fondamentale nella scena rap italiana, intrecciando beat e melodie che hanno segnato un’epoca. Ora, con “dJazz (volume 1)”, apre un nuovo capitolo artistico, unendo il suo amore per il jazz e l’hip hop in un progetto intimo e autentico.
Questo disco non è solo una raccolta di tracce, ma un’espressione sincera del suo percorso personale e musicale, arricchita dalla presenza di collaboratori storici e amici di lunga data. In questa intervista, Gabbo ci racconta cosa lo ha ispirato, il valore del lato umano nella creazione del suo lavoro, e come “dJazz” rappresenti una sintesi tra passato, presente e futuro.
“dJazz (volume 1)” è il tuo nuovo lavoro, ma anche l’inizio di un percorso. Cosa ti ha spinto a unire proprio il jazz e l’hip hop in questo momento della tua carriera?
Posso risponderti che ho agito d’istinto, esternando la mia personalità musicale e non solo, tutto è avvenuto senza pensarci troppo. Questi due generi musicali, ed un po’ tutta la black music, fanno parte di me del mio vissuto e del mio essere musicista. Quindi sono stato semplicemente me stesso.
Nel disco si percepisce una grande intimitĂ , anche grazie alla presenza di amici e collaboratori storici. Quanto ha contato il lato umano nella realizzazione di questo progetto?
Il lato umano è importantissimo, in questo progetto e nella vita in genere. Trovarsi a proprio agio fa stare bene e, quando stai bene, riesci a dare il meglio. Pensa ad un grande calciatore, che magari si trova in una squadra dove l’ambiente è ostico, beh quel calciatore rende molto meno rispetto alle sue capacità . Per concludere quindi direi proprio che l’ambiente in cui si vive è fondamentale.
Molti ti conoscono per il tuo lavoro con i Cor Veleno e nella scena rap italiana. Questo disco ti racconta in modo diverso: c’è un lato di Gabbo che finora avevi tenuto in ombra?
No. Non ho mai tenuto in ombra nessun lato, ma semplicemente il ruolo di bassista e produttore è fatto di molte sfaccettature. E devo dire che in ogni caso mi piace e mi dà molta soddisfazione.
C’è un brano del disco che senti più vicino alla tua storia personale, o che racchiude meglio la visione del progetto?
Forse quello a cui sono più legato, ma solo per l’aspetto emotivo, è Four, perché mi ricorda dei momenti vissuti con mio padre, persona tuttora molto importante per me.
Sotto l’aspetto artistico, mi piacciono davvero tutti e credo che tutti racchiudono la visione del progetto.
Se dovessi spiegare “dJazz” a chi ascolta solo hip hop o solo jazz, quale sarebbe la chiave per entrarci dentro con curiosità ?
Direi solo di provare ad ascoltarlo, poi ognuno dalla musica percepisce e coglie ciò che ritiene opportuno.
La musica ha il potere di far dialogare generazioni e stili diversi. Pensi che questo disco possa contribuire anche a una nuova forma di educazione musicale?
Si, la musica ha anche questo enorme potere. Ovviamente non ho nessuna pretesa che il mio disco possa contribuire in questo senso, anzi. Però, se dovesse accadere …;)
Il progetto esce con Culto Diskey, una nuova etichetta che dirigi insieme a Squarta. Che tipo di spazio volete costruire per gli artisti con questa realtĂ ?
Si, una sub-label si Blackcandy nella quale io e Squarta curiamo la parte artistica ed Alessandro Gallicchio si occupa della gestione operativa. Il nostro intento è accompagnare gli artisti in un percorso di crescita, potenziando al massimo i loro progetti sotto ogni aspetto: musicale, visivo e comunicativo.
