In un tempo in cui i giovani dei quartieri popolari vengono spesso raccontati da fuori, senza ascoltarli davvero, il Go Villaz Project sceglie di fare l’opposto: parte dalle loro voci, dalle loro storie, e le trasforma in musica. Non per spettacolo, ma per autodeterminazione.
“Senti chi rappa!” è più di un laboratorio: è uno spazio di consapevolezza, di fiducia e di crescita condivisa. Con il brano Non c’è posto per noi, i ragazzi rivendicano il diritto di esserci, di contare, di sognare in grande.
In questa intervista ci raccontano come è nato il progetto, quanto è stato importante il Centro Giovani GO VILLAZ, e perché, anche quando tutto sembra escluderli, loro continuano a crederci.
Come nasce il progetto Go Villaz Project e cosa vi ha spinto a trasformare le vostre storie in musica?
Il Go Villaz Project nasce dall’incontro tra la voglia di esprimersi dei ragazzi e la volontà educativa di creare spazi reali di partecipazione. Con “Senti chi rappa!”, abbiamo voluto offrire un laboratorio dove la musica non fosse solo intrattenimento, ma strumento di consapevolezza e crescita. La scelta di partire dalle loro storie è stata naturale: i ragazzi hanno tanto da dire, e il rap è il mezzo che più di ogni altro permette loro di farlo in modo autentico, diretto e potente.
“Non c’è posto per noi” è un titolo forte: a chi è rivolto il vostro messaggio?
Il messaggio è rivolto a chi non ascolta, a chi esclude, a chi dà per scontato che certi giovani non abbiano voce. Ma è rivolto anche a loro stessi, come una presa di coscienza e un grido di autodeterminazione. “Non c’è posto per noi” non è una resa, è una sfida: quella di costruirsi uno spazio, di prendere parola e pretendere ascolto. È un messaggio culturale ma soprattutto umano.
Avete parlato di sogni più grandi del quartiere. Che sogni sono, concretamente?
Sono sogni di emancipazione, di possibilità, di riconoscimento. Non si tratta solo di voler “uscire” dal proprio territorio, ma di trasformarlo, di portare valore dove troppo spesso si vedono solo limiti. I ragazzi sognano di vivere della loro arte, di essere ascoltati, di vedere riconosciuta la loro identità senza doverla giustificare. E questo progetto ha dato loro gli strumenti per iniziare a costruire questi sogni in modo concreto.
Quanto è stato importante per voi il Centro Giovani GO VILLAZ nel percorso artistico e personale?
Fondamentale. GO VILLAZ è stato il punto di partenza, il luogo fisico e simbolico dove tutto ha preso forma. Non solo uno spazio logistico, ma un ambiente di fiducia, dove sentirsi liberi di sperimentare, sbagliare e crescere. È lì che si è creata la vera alchimia tra i ragazzi, tra laboratori, confronti e sessioni di scrittura. Senza il centro, “Senti chi rappa!” non avrebbe avuto lo stesso impatto.
Cosa avete scoperto di voi stessi grazie a “Senti chi rappa!” e ai laboratori con Qanto Records?
Hanno scoperto di poter fare qualcosa di grande, partendo da ciò che sono. Hanno visto che il loro punto di vista conta, che le loro parole possono arrivare lontano. “Senti chi rappa!” ha permesso di trasformare la creatività in qualcosa di concreto e professionale, insegnando l’importanza del lavoro di squadra, della disciplina e dell’autenticità. Per molti è stata una rivelazione, per altri la scintilla si vedrà con il tempo ma la cosa davvero importante per noi è aver avuto il piacere di raccontare in modo semplice e giocoso un mondo musicale che spesso si fa fatica a comprendere.
Nel brano si sente rabbia, ma anche speranza. Da dove nasce la forza di crederci ancora?
Nasce dalla condivisione. Quando capisci che non sei solo, che altri provano quello che senti tu, la rabbia si trasforma in spinta, in voglia di fare. Durante i laboratori abbiamo sempre lasciato spazio alle emozioni, anche quelle più dure, ma l’obiettivo è stato sempre trasformarle in qualcosa di costruttivo. La forza di crederci viene proprio da lì: dal sentirsi parte di un percorso, da una voce collettiva che può davvero cambiare le cose.
Che ruolo ha la musica oggi nei quartieri come il vostro? Può davvero cambiare qualcosa?
La musica è un’arma potente. Nei quartieri spesso manca tutto, ma non manca la voglia di dire, di esserci. La musica, soprattutto il rap, permette di canalizzare questa energia in un messaggio. Non risolve i problemi, ma può accendere coscienze, unire generazioni, creare occasioni. Con questo progetto abbiamo dimostrato che un laboratorio può diventare una miccia: una canzone può cambiare la percezione che hai di te stesso.
Se poteste far ascoltare “Non c’è posto per noi” a una sola persona, chi sarebbe e perché?
Lo faremmo ascoltare a chi pensa che i ragazzi non abbiano nulla da dire. A chi li guarda con diffidenza e a chi li etichetta. Questa canzone è la dimostrazione che dietro ogni silenzio imposto c’è una voce pronta a esplodere. È vero, l’adolescenza esaspera i sentimenti, ma è proprio in quel momento che nasce il bisogno più autentico di essere ascoltati ed è fondamentale ascoltare e far esprimere i ragazzi prima che si chiudano nel silenzio o nelle incomprensioni.
