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LaFabbrica – “Barriere”: recensione

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Con “Barriere”, LaFabbrica costruisce un mondo dove la fatica quotidiana si trasforma in linguaggio, e il disincanto diventa voce collettiva. È un disco che suona come una barricata emotiva, fatta di corde tese e verità scomode. Si apre con Non mi aspettare, una traccia breve e feroce che incarna già l’urgenza dell’intero progetto: chitarre ruvide, sezione ritmica affilata e un testo che mette subito in chiaro i contorni dell’isolamento relazionale. Da qui, Barriere prende forma come un racconto stratificato.

Fuori conferma l’intenzione: è il brano manifesto di una generazione assuefatta alla propria comodità, dove il mondo esterno diventa rumore di fondo. Il groove incalzante accompagna un testo lucido, diretto, essenziale. Poi arriva Kiev, e il tono cambia radicalmente: la guerra, vissuta con lo sguardo di un padre, si fa racconto intimo. Le distorsioni diventano lacerazioni, la voce è tremante, quasi sommersa da tutto quello che non si riesce a dire.

Nella tua testa si muove come una marcia ossessiva, dentro una quotidianità che si ripete sempre uguale. È un pezzo che gira su sé stesso, fino a scardinarsi in un finale liberatorio. Con Come stai Matteo?, LaFabbrica sferza ogni presunta coerenza: un brano duro, sincero, dove la scrittura è affilata e il suono si fa compatto, scarno, necessario.

Il disco si apre allora a una dimensione più intima con Dopo tutto sono io, una ballata tesa e poetica, capace di toccare corde profonde senza mai cadere nel sentimentalismo. Un passaggio obbligato verso la consapevolezza. Regina ribalta il tavolo: è il brano più duro, sporco, quasi stoner, ma in quel muro di suono c’è tutta la complessità di chi cerca salvezza fuori da sé.

Con A fari spenti, LaFabbrica mette in scena una corsa cieca verso il nulla, un gesto estremo per sentirsi vivi in un mondo che anestetizza. E poi Intorno, l’ultima traccia, chiude tutto con una malinconia collettiva, raccontando la depressione di chi si sente sbagliato davanti alla falsa perfezione degli altri. È il brano che più di tutti lascia spazio: al vuoto, alla riflessione, alla possibilità.

Barriere non consola, ma capisce. È un disco che non cerca l’applauso, ma l’empatia. E per questo lascia il segno.

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LaFabbrica – “Barriere”: recensione

LaFabbrica nasce nel 2017 a Napoli, nel quartiere Bagnoli, per volontà di Adriano Caligiuri al basso (Mamasan, Nicole Has Cage) e dei fratelli Carmine De Majo alla chitarra (Dawnless) e Gianluca De Majo alla voce (Nicole Has Cage), con l’intento di dare vita al materiale inedito accumulato nel tempo.

LaFabbrica è l’incontro di musicisti ed esperienze legate all’area flegrea dove i resti dell’“Archeologia Industriale” dell’ex fabbrica Italsider “violentano” il territorio di uno dei golfi più belli al mondo.  Il progetto rappresenta la voglia di riscatto dalla schiavitù del lavoro in un mondo che globalizza e consuma senza lasciare scampo ai deboli e a chi non si conforma alla massa.

LaFabbrica è l’amore per il rock nella sua forma più viscerale, per la libertà che veicola la musica, per l’arte come ancora di salvezza in un mondo alla deriva.

La band avvia delle sessioni di registrazione di alcuni brani in versione demo sotto la produzione di Diego Abbate (Mamasan,Foja) senza ancora avere un batterista come parte integrante del progetto. Nel corso delle riprese vengono aggiunti alla formazione Diego Abbate alla chitarra ed Umberto Dell’Anno (Metharia,Cabo) alla batteria.

La band al completo procede alla stesura di nuovi brani ed avvia le registrazioni del primo LP per Materia Principale, nello studio dell’etichetta che ha dato i natali ad album indie della scena napoletana quali ‘Na Storia Nova’ dei Foja e ‘Something about Mary Quant’ dei TheCollettivo. Anticipato dai singoli “Lava” e “Sogno”, nel 2020 LaFabbrica pubblica il disco di debutto “Dieci Piccole Canzoni Urbane” che frutta al gruppo buone recensioni da parte di magazine musicali ed addetti ai lavori. L’emergenza sanitaria del periodo successivo non consente grandi spazi per le esibizioni dal vivo, la band si concentra quindi sulla stesura di nuovo materiale inedito e decide di entrare in studio per la produzione dell’EP “Terra Bruciata Volume Uno”, pubblicato nel 2022 e preceduto dal singolo “Il Mulo”.

Dopo la breve ripresa dell’attività live, la band entra a far parte del roster di Overdub Recording ed inizia la produzione del secondo LP “Barriere”.

Carolin Albertazzi

Carolin Albertazzi